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La compravendita di Bitcoin e la tassazione delle relative plusvalenze
La C.T.R. Veneto ha indicato che le compravendite di valute non tradizionali, quali i Bitcoin, devono considerarsi operazioni finanziarie, nella misura in cui tali valute non tradizionali siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo.
Le plusvalenze realizzate mediante cessioni onerose, a seguito di operazioni di acquisto e vendita, costituiscono redditi diversi.
Un caso di compravendita di Bitcoin: tassazione delle
plusvalenze e richiesta di rimborso
La decisione in commento trae origine da due ricorsi presentati da un Contribuente-Persona fisica che, nel quadro RT delle proprie dichiarazioni dei redditi riferite a due annualità, dichiarava una serie di plusvalenze derivanti dalla compravendita di Bitcoin, sottoponendole all’imposta pari al 26%, salvo poi chiederne il rimborso sulla base di quanto indicato nella Risoluzione di Agenzia delle Entrate n. 72/E del 02.09.2016.
La C.T.P. adita, ritenendo che le operazioni di trading su Bitcoin non fossero idonee a generare capital gain accoglieva i ricorsi proposti dal Contribuente.
Non condividendo quanto statuito dalla Commissione provinciale, l’Ufficio interponeva appello, cui resisteva il Contribuente.
La decisione della CTR Veneto
Il ragionamento della C.T.R. per la risoluzione del caso sottopostole prende le mosse dalla Risoluzione richiamata dal Contribuente la quale, come noto, è stata emanata a seguito di interpello formulato da una Società che intendeva eseguire, per conto della propria clientela, operazioni di compravendita di Bitcoin.
In quel caso, l’istante chiedeva il corretto trattamento applicabile a tali operazioni di trading di moneta virtuale ai fini IVA, IRAP ed Imposte Dirette, oltre che la conferma che essa dovesse operare in qualità di sostituto d’imposta.
L’Agenzia ha formulato la Risoluzione avuto riguardo di quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 22 ottobre 2015, causa C-264/14, secondo cui tali operazioni rientrano tra le operazioni “relative a divise banconote e monete con valore “liberatorio” di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lett. e) della Direttiva 2006/112/CE, svolte in modo professionale ed abituale.
Il corretto trattamento ai fini IVA, IRES e IRAP della compravendita di Bitcoin
Entrate, applicando tali principi e limitatamente al caso sottopostole, ha concluso, tra l’altro, ritenendo che l’attività della Società non genera redditi imponibili se manca la finalità speculativa, e quindi la Società non è tenuta ad alcun adempimento come sostituto d’imposta.
Secondo la C.T.R., dunque, il richiamo delle indicazioni della Corte di Giustizia Europea e della correlata Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate appare risolutivo, sia perché testualmente citato dal Contribuente, sia perché le sue conclusioni non apparirebbero pertinenti al caso sottopostole.
D’altra parte, il contenzioso promosso dal Contribuente riguarderebbe operazioni di acquisto/vendita di Bitcoin da parte di un privato cittadino (e non da una società/professionista).
Sul punto, la Risoluzione ha chiarito che, per le persone fisiche che detengono i Bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, gli acquisti e vendite di valuta (ancorché non tradizionale) non generano redditi imponibili quando manchi la finalità speculativa.
Finalità speculativa che può ritenersi sussistere, ad esempio, ogniqualvolta il privato abbia consecutivamente acquistato ed alienato Bitcoin, traendone una differenza positiva che, giusta la previsione dell’art. 67 TUIR, costituisce redditi diversi.
Tali plusvalenze, pertanto, concorrono a formare il reddito imponibile determinato dalla differenza tra il costo di acquisto dei Bitcoin ed il valore ottenuto dalla relativa vendita infrannuale che, ove positiva, comporta l’applicazione di un’aliquota pari al 26%, come disposto dall’art. 68, commi 5 e 6, TUIR.
Fonte: Sentenza CTR Veneto n. 1505 del 2021.
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