Cessioni di apparecchiature sanitarie da installare in locali da ristrutturare: regime IVA

La cessione di apparecchiature sanitarie assume particolari connotazioni quando eseguita in locali da ristrutturare.
In questi casi si pone il problema dell’IVA da applicare. Quando è ipotizzabile l’applicazione dell’IVA agevolata al 10%? Quali sono le condizioni per l’applicabilità?

Un caso all’esame del Fisco: cessione di apparecchiature sanitari in locali da ristrutturare

In tema di cessione di apparecchiature sanitarie da installare in locali da ristrutturare si segnala un parere dato dall’Agenzia delle Entrate ad un quesito in tema di regime IVA.
La Società ALFA premetteva di operare nel settore della produzione e distribuzione di apparecchiature elettroniche.
La Società ha per oggetto l’acquisto, la vendita, la locazione, la concessione a titolo di comodato d’uso, l’importazione, l’esportazione ed in generale il commercio oltre che la produzione di apparecchiature e materiali per la diagnostica per immagini, per l’endoscopia, per la radiografia e radiologia, per la diagnostica odontoiatrica, ecografica e di laboratorio, e di strumenti per le biotecnologie in generale, oltre ad altre tipologie di apparecchiature elettroniche.

Cessione di apparecchi radiologici: Iva agevolata, sì o no?
Il caso dell’istante riguarda la cessione di apparecchi radiologici quali:

  • Mammografi digitali;
  • Tavoli radiologici per esami scheletrici (FDR Smart);
  • Tavoli Telecomandati Polifunzionali con pannello digitale dinamico per radiografia e radioscopia.
Cessioni di apparecchiature sanitarie da installare in locali da ristrutturare: regime IVA

La Società segnalava di fornire abitualmente tali apparecchiature ad ospedali, case di cure e laboratori di radiologia privati.
Gli Studi Radiologici, potenziali acquirenti, hanno preventivamente dichiarato alla Società di aver diritto all’applicazione dell’aliquota Iva del 10% in quanto l’acquisto di questi macchinari avverrebbe nell’ambito di interventi di ristrutturazione edilizia, per la predisposizione di una struttura che abbia le caratteristiche di un laboratorio radiologico.

I lavori riguarderebbero locali specificamente destinati all’esame mammografico/radiologico e l’installazione dei sopra citati macchinari avverrebbe all’interno di un edificio già esistente.

 

Acquisto di macchinari sanitari equiparabile a interventi di ristrutturazione edilizia.

Ciò premesso, l’Istante formulava una richiesta di parere in merito all’applicazione, condizionata al ricevimento da parte dell’acquirente della dichiarazione del fatto che l’acquisto è stato fatto nell’ambito di interventi di ristrutturazione edilizia, dell’aliquota Iva nella misura del 10% nella fattura di vendita dei predetti macchinari in quanto l’operazione sarebbe riconducibile, a norma dell’articolo 16, comma 2 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, alla fattispecie di cui al n. 127 –terdecies della Tabella A, Parte Terza allegata al DPR del 26 ottobre 1972, n. 633.

L’Agenzia premetteva che il n. 127-terdecies della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento alla cessione dei “beni, escluse le materie prime e semilavorate, forniti per la realizzazione degli interventi di recupero di cui all’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) del primo comma dello stesso articolo”.

La prassi amministrativa ha chiarito che il n. 127-terdieces della Tabella A, parte III, si riferisce anche alle cessioni di “beni finiti” forniti per la realizzazione delle opere rientranti tra gli “interventi di ristrutturazioni edilizia” di cui alla lettera d) della Legge n. 457/1978.

Dall’esposizione delle previsioni sopra richiamate discende, in sostanza, che alla cessione dei “beni finiti”, diversi, quindi, dalle materie prime e semilavorate, è applicabile l’aliquota IVA del 10%, quando, fra l’altro, gli stessi sono forniti per la realizzazione di specifici interventi di recupero.

 

Definizione di bene finito

Secondo quanto chiarito dalla Circolare n. 1/E del 2 marzo 1994, paragrafo 14 (cfr. anche risoluzione 22/E del 30 marzo 1998), per “beni finiti” cui si applicano le aliquote IVA agevolate si intendono quelli che:

“anche successivamente al loro impiego nella costruzione o nell’intervento di recupero non perdono la loro individualità, pur incorporandosi nell’immobile. […].
Sono da considerare beni finiti, a titolo esemplificativo, gli ascensori, i montacarichi, gli infissi, i sanitari, i prodotti per gli impianti idrici, elettrici, a gas eccetera […].

Non esiste, dunque, un’elencazione tassativa dei beni finiti”.

A titolo esemplificativo, sono stati considerati “beni finiti” altresì:

“le porte, gli ascensori, i lavandini ecc., in quanto, anche se devono incorporarsi nel fabbricato per divenire funzionali, tuttavia non perdono la loro individualità né si trasformano in beni diversi.

Viceversa sono da considerare materie prime e semilavorate, le tegole, le maioliche, i mattoni, in quanto, unitamente ad altri beni, concorrono a formare il tetto, i pavimenti, i muri” (Risoluzione n. 353485 del 18 ottobre 1982).

Dall’analisi della normativa e della prassi emerge che, seppur non esista una elencazione categoria tassativa di “bene finito”, è possibile comunque individuare le caratteristiche necessarie affinché un bene possa essere definito tale.

Devono, in particolare, ricorrere le seguenti condizioni:

  1. la funzionalità del bene rispetto alla costruzione/ristrutturazione dell’opera principale (essere utile ai fini del completamento dell’opera, come, ad esempio, dei menzionati montacarichi, ascensori, scale, impianti);
  2. l’essere il bene stesso parte integrante dell’infrastruttura/edificio, anche se indipendente da esso (il bene, cioè, deve incorporarsi nei fabbricati, senza perdere la propria individualità, costituendone elemento strutturale come espressamente riconosciuto dalla Risoluzione n. 550439 del 06/12/1989);
  3. la necessità di consistenti lavori edili specifici per la sua installazione (cfr. Risoluzione n. 550439 del 06/12/1989).

 

Il parere del Fisco

Tanto premesso, alla luce della posizione contenuta nei diversi documenti sopra menzionati, nei quali l’Amministrazione finanziaria si è espressa in senso favorevole alla applicazione di un’aliquota agevolata, nel caso in esame è necessario stabilire se i beni da fornire ai potenziali clienti, oggetto dell’istanza, possano essere ricompresi o meno tra quelli considerati “beni finiti” nel senso sopra chiarito.

Con specifico riferimento agli apparecchi radiologici per diagnostica e terapia l’amministrazione ha riconosciuto che gli stessi possono assumere le caratteristiche di elementi strutturali degli edifici in cui sono incorporati “in quanto per la relativa installazione e sicura utilizzazione si rende necessaria l’esecuzione di consistenti lavori edili specifici” (Risoluzione, Min. Finanze, n. 550439 del 6 dicembre 1989).

Pertanto alle cessioni dei suddetti macchinari può applicarsi il trattamento agevolato ai fini IVA dei “beni finiti” a condizione, tuttavia, che per la loro installazione siano eseguiti gli interventi di recupero di cui al n. 127-terdecies, Tabella A, parte terza, DPR 26 ottobre 1972 (cfr. risoluzione, Min. Finanze, 24 settembre 1991, n. 431328; risoluzione, Min. Finanze, 2 ottobre 1991, n. 551450; risoluzione, Min. Finanze, 29 febbraio 1992, n. 431318).

 

Applicazione dell’IVA agevolata al 10%

Le apparecchiature che la Società intende fornire ai propri potenziali clienti (Mammografi digitali, Tavoli radiologici per esami scheletrici e Tavoli Telecomandati Polifunzionali con pannello digitale dinamico per radiografia e radioscopia) possono essere considerate affini a quelle citate nella Risoluzione n. 550439 del 6 dicembre 1989, sopra menzionata.

Alla luce del quadro sopra delineato si può concludere che alle operazioni di fornitura delle apparecchiature oggetto dell’istanza potrà applicarsi l’aliquota IVA nella misura del 10%, ai sensi del n. 127-terdecies, Tabella A, parte terza, DPR 26 ottobre 1972, n. 633 purché:

  • tali apparecchiature siano incorporate strutturalmente e funzionalmente negli edifici in cui sono installati, ossia siano qualificabili come “beni finiti” nel senso e nei termini descritti dalla prassi citata;
  • l’installazione richieda l’esecuzione sugli immobili di lavori edili qualificabili come interventi di restauro e di risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione urbanistica.

Fonte:  Agenzia Entrate – Risposta n. 636/2021.

A cura di Andrea Ziletti – 2 novembre 2021

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